(se non avete letto i libri seguenti vi consiglio di non leggere- ci sono SPOILER)
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"Il bacio dell'Angelo Caduto" di Becca Fitzpatrick
(ATTENZIONE SPOILER)
TRAMA:Malgrado la sua migliore amica voglia trovarle un ragazzo a tutti i costi, Nora non ha mai messo l’amore in cima alle sue priorità. Almeno finché a scuola non arriva Patch. Lui ha un sorriso irresistibile e un inspiegabile talento per leggere ogni suo pensiero. E, malgrado gli sforzi per evitarlo, Nora sente che l’attrazione che prova verso il suo nuovo compagno è destinata a crescere. Anche contro ogni spirito di conservazione. Perché Patch è un angelo caduto e lei non avrebbe mai dovuto innamorarsi di lui. Sapere di trovarsi nel mezzo di un’antica battaglia tra Caduti e Immortali, sapere di dover scegliere da che parte stare potrà costarle la vita. La verità dunque è più inquietante di qualsiasi dubbio, e Nora non può sbagliare.
ECCO IL MIO CAST ;) SPERO VI PIACCIA
Gli occhi di Patch erano due sfere nere: assorbivano tutto e non rivelavano nulla. Non che io volessi saperne di più. Quello che avevo visto in superficie non mi era piaciuto, quindi dubitavo potesse piacermi ciò che si celava in profondità.
Peccato non fosse del tutto vero. In effetti, parecchio di quello che avevo visto mi era piaciuto. I muscoli lunghi e asciutti delle braccia, le spalle larghe e aperte e il sorriso, allegro e seducente allo stesso tempo.
Ero in conflitto con me stessa, perché cercavo di ignorare qualcosa che in realtà trovavo irresistibile.
-Il tuo sogno più grande? -.
Ero orgogliosa di quella domanda, perche sapevo che l'avrebbe messo in difficoltà. Non mi poteva rispondere sovrappensiero.
- Baciarti.-
- Non è divertente - dissi, sostenendo il suo sguardo e
ringraziando me stessa per non aver balbettato.
- No, ma ti ha fatto arrossire.-
Patch era vestito come sempre: camicia nera, jeans neri e
una sortile collana d'argento che risaltava sulla pelle
scura. Aveva le maniche arrotolate fino ai gomiti e ogni
volta che spingeva i pulsanti si vedevano i muscoli degli
avambracci al lavoro. Era
alto, magro e forte e non mi sarei sorpresa se sotto i
vestiti avesse delle cicatrici, ricordo di risse e di altre
imprudenze. Non che volessi guardare sotto i suoi
vestiti...
- Hai una ragazza? -. Ripetei a me stessa che non
mi importava come avesse risposto. Una risposta valeva
l'altra.
- Non sono affari tuoi.
- Hai cercato di baciarmi - gli ricordai. - Quindi sono anche
affari miei.
Sulla sua bocca si disegnò l'ombra del suo irresistibile
sorriso da cattivo ragazzo. Ebbi l'impressione che stesse
rievocando ogni singolo dettaglio di quel quasi bacio,
compreso il mio sospiro-barra-gemito.
- La porta è chiusa a chiave - disse. - E noi abbiamo degli
affari in sospeso.
Il mio corpo sembrò spazzare via la parte logica del
cervello. Zittita del tutto, Feci scivolare le mani sul suo
torace e gli avvolsi il collo con le braccia. Patch mi sollevò
e io gli circondai la vita con le gambe. Il cuore mi batteva
a mille, ma non me ne preoccupai, neanche un po'.
Premetti le mie labbra sulle sue assaporando l'estasi della
sua bocca sulla mia, delle sue mani su di me. Mi
sembrava di essere sui punto di scoppiare dalla mia
stessa pelle...
- Abbiamo ancora molto di cui parlare - dissi.
- Parlare? -. Scosse il capo, gli occhi pieni di desiderio.
«Baciami» sussurrò alla mia mente.
Non era una domanda, era un avvertimento. Sorrise
quando vide che non avevo intenzione di protestare, e
avvicinò la sua bocca alla mia. Il primo contatto non fu
altro che quello: un contatto. Una tenerezza giocosa,
allettante. Mi passai la lingua sulle labbra e il sorriso di
Patch si allargò.
- Ancora? - chiese.
Gli presi la testa tra le mani, affondai le dita nei suoi
capelli e lo attirai a me. - Ancora.
"Blue" di Kerstin Gier
Per festeggiare la prossima uscita dell'ultimo libro della Trilogia propongo dei frammenti del libro "Blue" per rivivere l'emozioni che ci ha trasmesso l'avvincente storia d'amore tra Gwen e Gideon.(ATTENZIONE SPOILER)
Cercai di dominarmi. Se Gideon voleva tornare all'ordine del giorno, poteva accomodarsi. «Bene, muoviamoci a uscire da qui» dissi brusca. «Ho freddo.»
Stavo per superarlo, quando lui mi afferrò per un braccio. «Senti, a proposito...» si interruppe, di sicuro sperando che concludessi io la frase al posto suo.
Io, naturalmente, non lo feci. Ero troppo curiosa di sapere che cosa voleva dire. E poi avevo il respiro cono, per la sua vicinanza.
«Il bacio di prima... io...» Di nuovo una frase lasciata a metà. Ma io la terminai mentalmente senza esitazioni.
Io non facevo sul serio.
Certo, chiaro, ma allora non avrebbe neppure dovuto farlo, giusto? Era come dare fuoco a una tenda e poi stupirsi se tutta la casa si incendiava. (Ok, un paragone balordo.) Siccome non volevo facilitargli le cose, rimasi a guardarlo con aria distaccata e interrogativa. Cioè, provai a guardarlo con aria distaccata e interrogativa, perché in realtà dovevo avere un'espressione del tipo sono il piccolo Bambi, per favore non uccidermi e non potevo farci niente. Ci mancava solo che cominciasse a tremarmi il labbro inferiore.
Io non facevo sul serio. Avanti, dillo!
Gideon invece non disse proprio niente. Mi sfilò una forcina dai capelli spettinati (la mia elaborata acconciatura a chiocciola nel frattempo doveva somigliare a un nido appena abbandonato), prese una ciocca e se l'avvolse intorno al dito. Con l'altra mano cominciò ad accarezzarmi il viso, poi si chinò verso di me e mi baciò di nuovo, questa volta con grande tenerezza, lo chiusi gli occhi - e poi accadde la stessa cosa di prima: il mio cervello ritornò in quella benefica condizione di stand-by (trasmetteva soltanto oh e mmmm e ancora!).
Questa volta niente e nessuno venne a disturbarci, né un salto nel tempo né un dispettoso demone-doccione. Sulle note di Hallelujah il bacio rimase tenero e prudente, ma poi Gideon affondò entrambe le mani tra i miei capelli e mi strinse forte a sé. Allora non fu più un tenero bacio e rimasi stupefatta dalla mia reazione. Provai un'improvvisa sensazione di leggerezza e gli gettai le braccia al collo. Non sapevo bene come fosse successo, ma nei minuti successivi e senza smettere di baciarci finimmo sul divano verde dove proseguimmo a lungo, finché Gideon si staccò di colpo e guardò l'ora.
«Come ho detto, è un vero peccato che io non possa più baciarti» disse leggermente trafelato. Aveva le pupille dilatate e un lieve rossore sulle guance.
Mi chiesi che aspetto dovessi avere io. Siccome ero momentaneamente trasformata in una specie di budino umano, non fui in grado di sollevarmi dalla mia posizione semisdraiata. E con raccapriccio dovetti constatare che non avevo idea di quanto tempo fosse passato dalla fine di Hallelujah. Dieci minuti? Mezz'ora? Tutto era possibile.
Gideon mi guardò con un'espressione che mi parve velata di incredulità.
«Dovremmo radunare le nostre cose» disse infine. «E sarà meglio che ti sistemi in qualche modo i capelli, sembra quasi che qualcuno te li abbia arruffati con entrambe le mani, e poi ti abbia buttato su un divano... chiunque ci aspetti non faticherà a fare due più due... oddio, non guardarmi così.»
«Così come?»
«Come se non riuscissi più a muoverti.»
«Ma è così, infatti» risposi seria. «Mi sento come un budino. Mi hai trasformato in un budino.»
Per un attimo un sorriso illuminò il volto di Gideon, poi balzò in piedi e cominciò a rimettere nello zaino il mio materiale di scuola.
«Ma di che cosa parli?»
«Ti ho vista, Gwendolyn.»
«Come, scusa? Dove mi hai vista?»
«Durante il salto ieri mattina. Avevo da sbrigare un piccolo incarico, ma fatti pochi passi mi sei spuntata davanti all'improvviso, come un'apparizione. Mi hai guardato sorridendo, come se ti facesse piacere vedermi. Poi ti sei girata e sei sparita dietro il primo angolo.»
«Quando sarebbe successo?» Ero così stupefatta che per qualche secondo smisi di piangere.
Gideon ignorò la mia domanda. «Un istante dopo, svoltato l'angolo, mi è arrivato un colpo in testa e purtroppo non ho più avuto modo di avere un dialogo chiarificatore con te.»
«Io ti avrei... quella ferita te l'avrei causata io?» Ricominciai a piangere.
«No» rispose Gideon. «Non credo. Non stringevi niente in mano, quando ti ho vista, e poi dubito che avresti la forza per colpire così duro. No, mi hai attirato dietro l'angolo dove c'era qualcun altro ad aspettarmi.»
Impossibile. Del tutto impossibile.
«Non farei mai una cosa del genere» riuscii a formulare con una certa approssimazione. «Mai!»
«Anch'io sono rimasto piuttosto scioccato» confermò Gideon. «E pensare che credevo che fossimo... amici. Ma quando sei tornata dalla trasmigrazione di ieri sera puzzando di sigaretta mi sono detto che forse mi avevi mentito fin dal principio. Adesso dammi la chiave!»
Mi asciugai le lacrime dalle guance. Purtroppo non volevano fermarsi. Con una certa fatica trattenni un singhiozzo e mi odiai ancora di più per questo. «Se fosse vero, perché hai detto a tutti che non avevi visto chi ti aveva colpito?»
«Perché è la verità. Non ho visto chi mi ha colpito.»
«Però non hai neppure fatto il mio nome. Perché no?»
«Perché sospetto che Mr George... Ma stai piangendo?» La luce della torcia mi colpì in viso, facendomi chiudere gli occhi di scatto. Dovevo somigliare a uno scoiattolo striato. Ma perché mi ero messa il mascara?
«Gwendolyn...» Gideon spense la torcia.
Che cosa voleva fare? Una perquisizione corporea al buio?
«Vattene» singhiozzai. «Non ho proprio nessuna chiave con me, te lo giuro. E chiunque tu abbia visto non ero io. Io non permetterei mai, mai, che qualcuno ti faccia del male.»
Sebbene non lo vedessi, sentivo che Gideon era a pochi centimetri da me. Il suo calore corporeo era come un raggio riscaldante nel buio. Quando la sua mano mi toccò la guancia, sussultai. Lui la tolse subito.
«Mi spiace» lo sentii sussurrare. «Gwen, io...» Di colpo sembrava sconcertato, ma io ero troppo sconvolta per trarne una qualche soddisfazione.
Non so quanto tempo fosse passato. Restammo così, l'uno di fronte all'altra. Io continuavo a piangere; cosa facesse lui... non potevo vederlo.
Gideon si fermò di scatto. Io gli andai addosso e trattenni involontariamente il respiro.
Si voltò verso di me. «Senti...» mormorò. «Ieri non te l'ho detto, perché pensavo che fossi troppo ubriaca, ma adesso che sei tornata sobria e pungente come al solito...» Mi accarezzò teneramente la fronte con le dita e io rischiai di andare in iperventilazione. Invece di aggiungere altro, mi baciò. Avevo già chiuso gli occhi prima ancora che le sue labbra toccassero la mia bocca. Il bacio mi inebriò molto più del punch della sera prima, mi fece piegare le ginocchia mentre un migliaio di farfalle mi svolazzavano nello stomaco.
Quando Gideon si staccò da me, sembrava essersi dimenticato quello che voleva dirmi. Appoggiò un braccio al muro accanto alla mia testa e mi guardò serio. «Non possiamo andare avanti così.»
Io cercai di riprendere il controllo della respirazione. «Gwen...»